Fine del centrodestra

Trump, Le Pen, Putin, le tre stelle di Salvini

Al suo apparire agli inizi degli anni ’90 del secolo scorso, la Lega nord venne considerata una presunta minaccia per la stabilità democratica del Paese. Le forme di identità xenofoba che caratterizzavano il movimento di Umberto Bossi potevano facilmente innescare una miscela esplosiva con il perdurare della crisi dei governo di pentapartito. Per tutti gli anni ’90, fra alti e bassi, il problema democratico della Lega rimase aperto, anche per le sue relazioni internazionali - la simpatia per la Serbia di Milosevic- , per lo meno fino alla sua piena costituzionalizzazione nel centrodestra voluto da Silvio Berlusconi. Solo a quel punto, nel 2001, la Lega divenne una forza politica preoccupata di rafforzare i poteri delle autonomie locali rispetto alle prerogative dello Stato centrale, il che come si è visto, non è necessariamente sempre un bene, ma almeno non comporta minacce all’unità nazionale. Quella Lega, con le sue contraddizioni, c’era chi nonostante tutto, l’aveva persino definita una costola della sinistra, non esiste più. L’eredità politica di Bossi si è completamente dissolta nel momento nel quale è stata rivendicata in un colpo solo un’istanza nazionalista, come ha fatto il suo nuovo leader Matteo Salvini. E’ persino difficile capire come sia stata possibile una simile evoluzione per un movimento che riteneva piuttosto che l’Italia, la Padania la propria nazione. Purtroppo, l’affidabilità democratica della Lega è rimasta per lo meno dubbia, non tanto per le simpatie manifeste nei confronti di Donald Trump, che rappresenta ancora un fenomeno da valutare, quanto per quelle confermate in un comizio di ieri l’altro, nei confronti di Le Pen, la destra austriaca e Putin, senza considerare lo speciale rapporto che Salvini ha con il dittatore nord coreano Kim jong un. La trama comune che Salvini riconosce fra Trump, Le Pen e Putin, è il loro presunto nazionalismo identitario, che rende alternativa la politica di questi personaggi con il progetto di una Europa unita e persino con la stessa nazione italiana. Ad esempio, nella storia non si è mai visto un nazionalismo francese favorevole ad una patria italiana se non intesa come Repubblica Cisalpina. Lo stesso Napoleone terzo, che pure aveva grande intensità di rapporti con la corona piemontese, dovette essere sconfitto a Sedan per accettare la liberazione di Roma. Capiamo che Salvini non sia propenso ad una riflessione storico politica particolarmente approfondita, ma per lo meno i suoi alleati dovrebbero porsi il problema, nel caso gli si riconoscesse una leadership oltre la sua stretta sfera di partito. In quel caso, non ci sarebbe più il centro destra come lo si era conosciuto, ma qualcosa di completamente diverso, persino nei suoi riferimenti di politica estera, che trascenderebbero i rapporti con Stati, per singole personalità, tra l’altro, piuttosto inquietanti.

Roma, 30 maggio 2016